Menti informatiche del 1° ottobre 2014 – Mafia al nord? Non c’è, e se c’è è “cordiale”


Menti informatiche del 1° ottobre 2014 – Mafia al nord? Non c’è, e se c’è è “cordiale”
A volte la giustizia italiana funziona: sono bastati quattordici mesi dagli arresti per arrivare alle condanne del processo “Infinito”. Quasi mille anni di condanne inflitte agli accusati.
La sentenza dimostra che “la Lombardia è già da tempo sede stanziale di gruppi organizzati anche con modalità militare, che rivendicano e purtroppo realizzano un controllo del territorio antagonista a quello dello Stato“.
La notizia che parla di Lonate Pozzolo è uscita su VareseNews (“‘Ndrangheta lonatese assolta? Solo per chi non conosce il latino“) ed è collegata a un altro articolo in cui viene presentata la situazione complessiva delle condanne (“Maxiprocesso ‘ndrangheta in Lombardia, 110 le condanne“).
Anche sul Corriere della Sera di oggi è uscito un articolo che commenta la condanna (“Mille anni alla ‘ndrangheta del Nord – Condannati 110 affiliati alle cosche“) e in cui si sottolinea anche che la sentenza riconosce il danno di immagine per i comuni che si sono costituiti parte civile: ci sono Pavia, Bollate, Paderno, Desio, Seregno e Giussano … inutile chiedersi come mai Lonate Pozzolo non sia compreso in questo elenco, la risposta l’ha già data il primo cittadino a fronte di un’analoga questione già sollevata in occasione della sentenza Bad Boys: “il gioco non valeva la candela“, un avvocato ingaggiato per la costituzione di parte civile, sarebbe costato troppo al Comune, più dei 10’000 euro riconosciuti come provisionale nella sentenza Bad Boys. Questo quanto sostenuto dal Sindaco, ma io continuo ad avere dei dubbi sulla validità di questa posizione: chiederò informazioni ai miei amici avvocati.
Anche se in quest’articolo Lonate Pozzolo non è citato direttamente, mi sembra che l’argomento ci riguardi da vicino.
Seregno e Giussano si sono costituiti parte civile nel processo Infinito e la sentenza ha riconosciuto loro un risarcimento per “l’eclatante danno di immagine” e perché “comunità locali operose e fattive, e quindi la loro rappresentanza istituzionale, possano essere associate alla presenza di organizzazioni criminali”.
Mi chiedo come mai l’amministrazione di Lonate Pozzolo, nonostante il clamore suscitato da trasmissioni che sono andate in onda sulle reti nazionali (vedi Presa Diretta su RAI3 più o meno un anno fa), non abbia ritenuto opportuno costituirsi parte civile nei processi di ‘ndrangheta che hanno coinvolto il nostro comune.
Varesenews – Tutelare l’Expo dalla mafia: una battaglia difficilissima
Ho letto il nuovo libro di Nando Dalla Chiesa, “La Convergenza” (Melampo 2010). Anche in questo caso Lonate Pozzolo è ripreso come esempio di infiltrazione delle mafie nel tessuto sociale ed economico lombardo, ma non è questo che mi ha colpito.
L’aspetto più interessante del testo è che “la forza della mafia sta fuori dalla mafia“. Sono le convergenze tra gli interessi comuni, a volte voluti e “incentivati” ma più spesso inconsapevoli, e gli interessi mafiosi.
Riprendo l’apologo (raccontato da Giovanni Falcone a un giornalista) inserito proprio nel primo capitolo del libro: “Uno dei miei colleghi romani – racconta Falcone – nel 1980 va a trovare Frank Coppola, appena arrestato, e lo provoca: «Signor Coppola, che cosa è la mafia?». Il vecchio, che non è nato ieri, ci pensa su e poi ribatte: «Signor giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell’appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia …»”
Il problema della nostra società, allora, è proprio “la prevalenza del cretino“.
Per chi fosse interessato, una recensione più dettagliata del libro si trova sul blog unoenessuno. Inoltre, venerdì 28 gennaio alle 21, presso la libreria Boragno di Busto Arsizio ci sarà una presentazione del libro con la presenza dell’autore.
Un altro libro che parla di criminalità organizzata, un altro libro in cui Lonate Pozzolo viene citato per le intimidazioni e gli omicidi della ‘ndrangheta.
Mi preme riportarne almeno due passaggi.
Il primo è ripreso dalla prefazione di Gian Carlo Caselli:
In Italia, per certi ambienti politico-culturali il vero peccato non è la mafia, ma raccontarla. Coloro che fanno affari con la mafia amano il silenzio e molti “osservatori” lo praticano normalmente, con un’attitudine a piegare la schiena che è piuttosto diffusa
Il secondo invece fa riferimento alle parole di Borsellino:
«Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene» diceva il giudice Borsellino. La parola è un mitra senza proiettili che instilla germi; germi di consapevolezza, germi di coscienza, germi di libertà.
L’ordine del giorno prevedeva deliberazioni sui seguenti argomenti: