Utilizziamo i cookie sul nostro sito per migliorare l'esperienza dell'utente. I cookie non vengono utilizzati per trattare dati personali, ma al fine delle statistiche. Per saperne di più e per scoprire come disattivare i cookies sul vostro computer potete visitare
aboutcookies.org
La parola privatizzata o privatizzazione da sempre i brividi lungo la schiena, ma forse in questoi caso potrebbe essere una CHIAVE di lettura della situazione di SEA.
Ma se l’idea è quella di privatizzare, che lo sia veramente. Mi riferisco al fatto che il semplice ingresso di realtà diverse dagli enti locali è vista come un primo passo verso la privatizzazione. Ma non è sempre è così, e il caso del Fondo F2I è uno di quei casi di “finta” privatizzazione.
Perchè dico questo? Semplicemente perchè se andiamo a verificare come e da chi è composto il Fondo F2I vediamo che di fondi privati ce ne sono veramente pochi e che la maggior parte dei soci o sponsor sono fondazioni bancarie, ministeri etc che usano denaro pubblico, quindi nostro.
Possiamo definire questa cosa come una privatizzazione, se chi è diverso dal pubblico indossa solo una maglietta diversa investendo soldi nuovamente pubblici?
Nel caso concreto poi ci sono i ragionamenti del controllato-controllore che coincidono per cui, ancora una volta, a pagare sarà sempre Pantalone.
Qui nello specifico il post che spiega chi è F2I https://vivaviagaggio.wordpress.com/2012/12/28/gamberale-chi-e-costui/
Un vera privatizzazione quindi non è realizzabile, anche se sarebbe auspicabile. Certo non oggi con una procedura come quella del Master Plan aperta. Sarebbe un regalo fantastico per il privato, trovarsi i terreni a disposizione a quel costo molto molto basso che diventano edificabile a prezzi decisamente maggiori.
Ragioniamo come se il Master Plan non esistesse. Una società aeroportuale privatizzata, non dovrebbe avere tra i propri soci degli enti locali o comunque soggetti pubblici con un capitale decisamente basso.
Questo permetterebbe dei ragionamenti “seri e razionali” sugli investimenti. Poichè al privato verrebbero imputati i costi che oggi vengono sostenuti dalla collettività e attraverso una seria operazione di analisi costi benefici ex ante il privato dovrebbe arrivare a decidere se l’investimento è fattibile o meno.
Oggi tutti noi potremmo fare degli investimenti, anche i più rischiosi e azzardati…dove sta il problema? Abbiamo degli enti pubblici che garantiscono per noi l’entrata di denaro pubblico che serve per ripagare anche i danni fatti.
Potremmo costruire tanti ponti sullo stretto o tante piste aeroportuali…tanto nessuno ci verrà a chiedere se l’analisi costi benefici ci permette di fare degli investimenti simili dal punto di vista economico…poichè paga sempre lo Stato, anzi paga Pantalone.
Nessuno verrà poi a chiederci se l’opera che vogliamo costruire serve o meno, tanto paga Pantalone.
Nessuno verrà poi a dirci dell’impatto ambientale, tanto chi deve realizzare e controllare i lavori sono le stesse persone, tanto Pantalone paga. E se per caso succede un danno ambientale? “Chi inquina paga!” Assolutamente no!, anche in quel caso paga Pantalone, cioè noi!