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Un’esperienza interessante nel campo delle rinnovabili: http://www.robertosaija.it/2011/11/09/casalecchio-di-reno-bo-il-primo-progetto-italia-di-sistema-integrato-delle-energie-rinnovabili/
E’ vero oltre due anni fa in una assemblea pubblica si parlò di fotovoltaico e di green economy. Due anni fa se ne parlò facendo così la campagna elettorale al centro destra del Sindaco Gelosa. Due anni fa si affermò che da lì a poco sarebbero stati impegnati circa ottanta addetti per la produzione. Sono passati oltre due anni e sentiamo ripetere le stesse identiche parole. Parole che tutti noi vorremmo si traducessero in realtà. Parole però che per il momento come allora promettono e basta. Detto questo che riguarda l’occupazione, che serve a far sperare nel lavoro per qualcuno, ho il sospetto che l’argomento stia emergendo perché ci si domanda cosa sta effettivamente succedendo sul fronte della produzione di questi pannelli così innovativi. Non a livello locale, ma qualcuno più in su forse si sta domandando come i soldi pubblici dati per l’operazione siano stati utilizzati fino ad ora.
Aggiungo inoltre quanto avevo scritto parecchio tempo fa in altri commenti a riguardo del tema: siamo proprio sicuri che il telloruro di cadmio che sarà utilizzato per la produzione dei pannelli non avrà effetti sull’ambiente circostante? Siamo proprio sicuri che nel processo produttivo dei pannelli quest’elemento (il telloruro di cadmio) altamente tossico non avrà effetti sulla salute dei lavoratori? Qualcuno ha chiarito e previsto dove sarà smaltito il pannello quando avrà esaurito nel tempo la propria funzione?
Io trovo utile, come lo è stato per lo smaltimento dell’amianto, che ci sia più informazione e maggior consapevolezza a riguardo degli impianti che vengono insediati sul nostro territorio.
Il telloruro di cadmio non è noto come l’amianto del quale ormai si conoscono gli effetti negativi. Per questo quando si è parlato dell’insediamento dell’impianto “Marcegaglia” credo che nessuno si sia preoccupato o sia stato allertato su eventuali conseguenze nocive (sia a livello di lavorazione che di smaltimento) della sostanza e, qualora ve ne fossero di conosciute, gli interessati se ne saran guardati bene.
Il fatto che Samarate, che prima di Lonate era stata scelta per ospitare l’impianto, non avesse trovato un posto da offrire a Marcegaglia, è stato l’unico possibile campanello d’allarme.
Dunque tutti o quasi abbiamo applaudito.
Anche questo impianto, così come quello per lo smaltimento dell’amianto (che dovrebbe essere in fase di valutazione ambientale) è a poche centinaia di metri dagli aerei che arrivano e partono da Malpensa, in una delle fasi più critiche e rischiose del volo.
Quindi, come per l’impianto di smaltimento amianto, anche in questo caso sarebbe opportuno un serio e obiettivo approfondimento sull’analisi dei rischi connessi, oltre che alla sostanza durante il processo di lavorazione ( che senz’altro sarà già stata fatta), anche sul comportamento della stessa nell’ipotesi di incidente aereo.
Questo non per pregiudizi o per fermare il progresso o peggio ancora per non vedere una possibile fonte di posti di lavoro, come viene facile pensare, ma per evitare di piangere poi come troppo spesso accade in Italia.